Notte della Rimembranza del 1261

Sommario

Principato
Data
Descrizione
Personaggi Coinvolti
Novità e Dicerie
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Principato
Valleterna. Presso Villa Clarina, nei dintorni di Vesta.

Data
Giorno della Rimembranza , 1261.

Descrizione

Già da due giorni le Corti erano radunate a Villa Clarina per il torneo della Rosa. Morto da pochi mesi re Aureliano dei Gastaldi, si era in odore di contesa per la successione al trono del Sole. Ai margini del torneo, gli uomini dei sette principati si erano già più volte scontrati tra di loro per questo o quel motivo e nessuno pensava che al calar del buio si sarebbero dovute frettolosamente accantonare tutte le divergenze.
Alcuni avevano avvertito le Corti: nel Giorno della Rimembranza il velo tra il nostro mondo e l'aldilà si fa più sottile e gli spiriti dei morti tornano a tormentare i vivi... con arroganza i nobili risero di queste sciocche credenze del volgo.
Iniziò da dentro la villa: dal nulla si alzò una strana bruma e si iniziarono ad udire grida terrificanti... tutti fuggirono all'esterno, nel giardino, e lì trovarono ad attenderli gli spettri. Alcuni erano ombre indistinte e malevole, ma altri furono riconosciuti come gli spiriti di noti personaggi morti negli ultimi anni. Per primo si vide l'eco di Teobaldo da Castrum Fidei, valniano assassinato durante la Seconda Guerra dei tre Re.
Poco dopo gli uomini della Corona tremarono quando comparvero le ombre di Barduccio Gentile, folle neenuvaren giustiziato dagli uomini di Aureliano dei Gastaldi in cerca di vendetta e Nibbio, un brinnico che aveva complottato contro il defunto Re; di ancor minor conforto fu il sopraggiungere dello spettro di Caio Marzio, una Guardia Reale assassinata dagli uomini di Venalia.
I Tetradici furono atterriti da ciò che rimaneva di Icaro d'Ambra, eretico cultista giustiziato quello stesso pomeriggio, ma questo fu nulla in confronto alla furia mostrata dallo spirito della Tetrarca Beatrice, la donna che guidò l'ecclesia fino alla sua morte, avvenuta nei boschi di Neenuvar per opera del Brinnico Canerosso.
A quel punto alcuni provarono a trovare rifugio all'interno della Villa ma prese a soffiare come un forte vento, tanto forte da bloccare le porte e chi era fuori non poteva più entrare; ma chi era dentro invece non poteva fuggire... dall'ira di Manfredo Sestesi, Vescovo valniano e protettore dei Confratelli Erranti, ucciso solo un mese prima a Castelbruma e manifestatosi all'interno dell'edificio.
Comparve infine anche l'ombra di Talia da Corona, cacciatrice coronense uccisa da Edoardo II dei Castamanti per avere assassinato una Cappa Celeste.
Questi echi delle persone che furono, manifestarono il potere di possedere i corpi di alcuni dei cortigiani, muovendoli come se fossero i loro, e perseguendo con ciò le proprie vendette: il malcapitato veniva privato della propria coscienza e agiva in tutto e per tutto come se fosse la persona morta il cui spirito si era impossessato di lui. Tutti o quasi questi spiriti volevano, chi in un modo chi in un altro, che del sangue fosse versato, accecati dall'ira per le morti violente che avevano posto fine alle loro vite terrene.
Fu la fede a salvare gli uomini: quando già si contavano numerosi i feriti e coloro che erano usciti di senno per la malìa degli spettri e la disperazione attanagliava i più, giunse finalmente uno spirito benevolo, quello della Devota Clarina, moglie del Profeta e patrona di quella stessa villa. Ella seppe consigliare gli uomini sulla maniera di esorcizzare ciascuno di quegli spettri irati. Lentamente, seguendo le indicazioni della Devota, gli uomini riuscirono ad allontanare per sempre questi spiriti, talvolta tra le lacrime, dando l'ultimo addio ad un amico, altre volte tra risa di vendetta, gioendo della definitiva dipartita di un rivale. Alla fine solo Manfedo dei Sestesi restava ad infestare la tenuta del Principe Edoardo e fu necessario abbatterlo con la forza; gli uomini delle Corti lo incalzarono con rinnovato ardore, riuscendo a sconfiggerlo dopo un lungo scontro.
La bruma alla fine si diradò e fu tempo di piangere i morti: non solo gli uomini retti che finalmente erano riusciti a passare oltre, ma anche coloro che non furono abbastanza forti o fortunati da passare la notte. Tra questi Rodolfo da Altabrina, detto Il Freddo, assassinato per mano di mercenari agli ordini di Meridia, l'erudito Gufotetro del Clan del Gufo, che dovette essere abbattuto dopo che fu misteriosamente tramutato in azonte, e la nobile Emma Vizzamano di Corona del Re, uccisa da Dama Artanis di Neenuvar, aizzata da un compagno posseduto dallo spirito di Barduccio Gentile, che esigeva un prezzo di sangue coronense; per un'amara coincidenza, Emma era cugina della donna che aveva in origine ucciso Barduccio: dama Dulcinia Vesta Vizzamano.

Personaggi Coinvolti

Devota Clarina dei Sestesi (lo spirito di)
Tetrarca Beatrix (lo spirito di)
Talia da Corona (lo spirito di)
Icaro d'Ambra (lo spirito di)
Manfredo dei Sestesi (lo spirito di)
Nibbio da Altabrina (lo spirito di)
Teobaldo da Castrum Fidei (lo spirito di)
Barduccio Gentile da Neenuvar (lo spirito di)
Caio Marzio da Corona (lo spirito di)

Novità e Dicerie

"Io ho parlato con lo spirito della Tetrarca Beatrice.... inveiva contro il Magnifico Nano... Edoardo. Mi ha detto che in passato aveva suppliziato il cugino di Edoardo, eretico, portandolo alla morte e che lui prima di spirare avesse ammesso le sue colpe e si fosse riconciliato con i suoi dei. Ella stessa aveva riferito l'accaduto al Magnifico che preso dall'ira l'aveva trascinata per i capelli verso il braciere che c'era nella stanza bruciandole la faccia. Gli spiriti non mentono..."[1]

"Che notte terribile: era appena il mio terzo mese con la corte e mai mi sarei aspettato di vedere simili orrori. Nel marasma generale la mia coscenza fu annebbiata da una forza arcana e lì i miei ricordi si interrompono: mi è stato narrato che sono stato trovato legato e impiccato in un angolo buio del giardino, sicuramente ad opera di uno degli spiriti, e che le mie ferite erano così gravi che ai sacerdoti non restava potere sufficiente per guarirmi; lasciato su una panca con le ferite a malapena trattate cominciai con estrema lentezza a riprendere conoscenza, e assistetti, ancora semitrarmortito, alla pacificazione di Nibbio: il suo spirito si era impossessato di Caterina Gotardo e blaterava incessantemente che voleva vedere un merida torturato e ucciso; sopraggiunse l'arconte Aristarco dei Crisostomi, disperato perché la sua amata consorte era bloccata nella villa; pensando che pacificare Nibbio potesse essere d'aiuto, gli si parò davanti e disse 'farei qualunque cosa per mia moglie.. Nibbio, tu sei morto per mano Merida, io ti do il mio sangue' ed ebbe il fegato di sgozzarsi di fronte a lui (anche se, naturalmente, venne subito soccorso dai cerusici); questo, insieme al pegno simbolico del suo bracciale d'oro in segno di risaricmento, liberò lo spirito ..e indirettamente aiutò anche me, giacché la devota Clarina si era manifestata all'ìnterno della villa e quando le porte furono aperte poté venire in cappella; vedendomi giacere martoriato si impietosì e con la sua intercessione sanò le mie ferite: sentii un'energia dolcissima pervadermi, aprii gli occhi e vidi il suo volto magnanimo, e lei mi fece una carezza.. per gli dei, quale onore e quale lezione di fede!"[2]
  1. ^ sostiene Arimanno Famedoro, Guerriero del Clan di Altabrina
  2. ^ è stato udito raccontare da Aldrico da Bosco Alto, Artefice valniano